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Pannella, Sciascia e il saluto a Enzo: l’epilogo delle Lettere

ALLE PAGINE 10 E 11 L’ULTIMA PUNTATA DI “LETTERE A FRANCESCA”, IL DIARIO DI TORTORA DAL CARCERE

17 giugno 1984

A QUARANT’ANNI DAL PIÙ CLAMOROSO CASO ITALIANO DI MALAGIUSTIZIA, ABBIAMO PUBBLICATO LE LETTERE CHE ENZO TORTORA SCRISSE DAL CARCERE A FRANCESCA SCOPELLITI E CHE LEI HA RACCOLTO IN ” LETTERE A FRANCESCA”, USCITO NEL 2016 PER PACINI EDITORE IN COLLABORAZIONE CON L’UCPI.

QUESTA DI OGGI È L’ULTIMA PUNTATA

- A un anno esatto dal suo arresto, Enzo Tortora viene eletto al Parlamento europeo nelle liste del Partito Radicale. Con 485.000 preferenze supera lo stesso Marco Pannella. Inizia per lui una nuova vita, dedicata a una battaglia in cui crede profondamente.

11 luglio 1984 - Viene proclamata la sua elezione ma i magistrati napoletani respingono l’istanza di scarcerazione avanzata dal collegio difensivo, stabilendo che Tortora potrà tornare in libertà soltanto alla vigilia della seduta di insediamento del Parlamento Europeo, vale a dire il 20 luglio.

“Un abuso”, osserverà Emma Bonino, “perché la libertà di un parlamentare non può essere affidata alla discrezionalità dei magistrati. La loro decisione è un dispetto, rivela solo del malanimo, dell’ostilità nei confronti di Tortora”.

4 febbraio 1985 - Nell’aula- bunker del carcere di Poggioreale di Napoli inizia il processo di primo grado al primo troncone degli imputati rinviati a giudizio per appartenenza alla Nuova camorra organizzata ( Nco) di Raffaele Cutolo. A presiedere la Corte è il giudice Luigi Sansone, giudici a latere sono Gherardo Fiore e Dente Gattola, il pubblico ministero è Diego Marmo.

17 settembre 1985, ore 17 - Al termine di un processo- farsa basato esclusivamente sulle accuse prive di riscontri dei cosiddetti “pentiti”, Enzo Tortora viene condannato a 10 anni di carcere e a 50 milioni di multa con l’aggiunta dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Viene infatti riconosciuto colpevole di associazione a delinquere di stampo camorristico e spaccio di droga: la sua è una delle cinque condanne più pesanti. Intanto i risultati del maxi- blitz anticamorra parlano già chiaro: 856 mandati di cattura, 90 omonimie riscontrate con settimane di ritardo, numerosi proscioglimenti in istruttoria, 640 rinvii a giudizio e 259 assoluzioni in primo grado ( alle 102 nel primo troncone se ne aggiungeranno altre 70 nel secondo e 87 nel terzo). Un arrestato su due risulta quindi innocente. “Il processo del secolo alla Nuova camorra organizzata si è in realtà risolto in una tragica buffonata” attaccano i radicali.

9 dicembre 1985 - Il Parlamento Europeo respinge all’unanimità la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell’eurodeputato Enzo Tortora, questa volta accusato di oltraggio a un magistrato in udienza. Il 26 aprile dello stesso anno il pubblico ministero Diego Marmo, interrompendo l’avvocato Antonio Coppola, aveva esclamato: «Lei deve moderare i termini! Le ricordo che il suo cliente è stato eletto con i voti della camorra. Voi non avete alcun rispetto della vita umana!». A quel punto Tortora, alzatosi di scatto e allargando le braccia, aveva esclamato: «È un’indecenza!». Da qui, la denuncia di Marmo.

10 dicembre 1985 - Nonostante l’opposizione dell’intero Parlamento Europeo, Enzo Tortora con un accorato intervento chiede che siano accettate le sue dimissioni da parlamentare: «Signor presidente, l’augure potrebbe trarre gli auspici: oggi è il 10 dicembre, il giorno dedicato a celebrare i diritti dell’uomo, i diritti della persona per decisione delle Nazioni unite ed era il 10 dicembre dello scorso anno quando, quasi presago, il Parlamento europeo volle dare una risposta, apparentemente neutra, alla giustizia del mio Paese, che chiedeva l’autorizzazione a procedere contro di me. ‘ Sì’, disse, ‘ ma non avrete mai l’autorizzazione ad arrestarlo, prima della sentenza definitiva’. Oggi dunque scelgo la via del carcere – e quali carceri, in Italia, sapeste colleghi – mentre avrei potuto continuare a coltivare l’onore di essere e operare per altri anni con voi, in attesa che giustizia fosse fatta di un’accusa che l’intero popolo italiano sente essere mostruosa. Ma colpevole di essere innocente – condizione tipica e necessaria come sappiamo di ogni vittima sacrificale, di ogni capro espiatorio, quando con rito barbaro una comunità vuole trasferire e colpire i propri demoni interiori, dando il corpo e il volto di un altro al proprio male – mi assumo la responsabilità di disubbidire. Ma disubbidisco per fedeltà. Per fedeltà ai miei ideali, a quello del Partito radicale che ho l’onore di presiedere, ai vostri, ai nostri, ho deciso di dare corpo non già a un sacrificio in torbida convivenza con i miei persecutori ma alla esigenza più urgente, più rigorosa di fare, di dire, di creare giustizia contro ogni violenza, contro la violenza della menzogna e dell’ingiustizia. Questa è la mia scelta. Non dubitate che in carcere sarò e resterò persona libera, più libera certo di coloro che hanno voluto mandarmici!».

29 dicembre 1986 - Durante un incontro pubblico organizzato da Marco Pannella e dai radicali in piazza del Duomo a Milano, Enzo Tortora si consegna alla giustizia italiana davanti a circa cinquemila persone. Scortato da imbarazzati funzionari della Digos ( «Un applauso ai cittadini della polizia che, a nome dello Stato, sono costretti a compiere il loro dovere» esorta Pannella), viene fatto salire su una macchina che parte a sirene spiegate per fermarsi poi a un tiro di schioppo davanti al portone della sua casa in via dei Piatti 8, dove deve scontare di nuovo gli arresti domiciliari.

20 maggio 1986 - La quinta sezione del Tribunale di Napoli inizia il processo d’appello all’imputato Enzo Tortora. Il presidente della Corte è Antonio Rocco, giudici a latere sono Michele Morello e Carmine Ricci, il pubblico ministero è Armando Olivares.

13 settembre 1986 - Enzo Tortora prende la parola davanti ai suoi giudici e termina il suo intervento con queste parole: «Signori della Corte, io dovrei concludere dicendo ‘ Ho fiducia’.

Rimbalzo la domanda: avreste fiducia voi? Io vi dico: sono innocente! Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi nel dibattimento. Io sono innocente. Spero, dal profondo del mio cuore, che lo siate anche voi.» 15 settembre 1986, ore 11 - Enzo Tortora viene assolto con formula piena dalle accuse di associazione a delinquere di stampo camorristico “per non aver commesso il fatto” e di spaccio di droga “perché il fatto non sussiste”. Sono trascorsi 1.185 giorni dal suo arresto.

20 febbraio 1987 - Enzo Tortora ritorna finalmente in Tv con la prima puntata del nuovo ciclo di Portobello, come sempre su Rai Due.

Prima della sigla decide di salutare il suo pubblico con queste parole: «Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose, e ne dirò poche: una me la consentirete. Molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me in questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me: e io questo non lo dimenticherò mai. E questo ‘ grazie’ a questa cara buona gente dovete consentirmi di dirlo. L’ho detto. Un’altra cosa dovete consentirmi di aggiungere. Io sono qui, e lo so, per parlare a nome di chi parlare non può. E sono molti, e sono troppi... E ora ricominciamo, proprio come facevamo una volta». Quella sera Portobello raggiungerà il 43% dello share con 12 milioni di telespettatori.

13 giugno 1987 - La prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Roberto Modigliani rigetta il ricorso della Procura di Napoli e, accogliendo la richiesta dello stesso procuratore generale Antonio Valeri, conferma l’assoluzione con formula piena di Enzo Tortora.

8/ 9 novembre 1987 - Il referendum sulla responsabilità dei magistrati – promosso da radicali, socialisti e liberali – viene vinto con oltre l’ 80 per cento di “sì”. Un Parlamento corrivo con la corporazione togata tradirà ben presto quel plebiscito con una legge inadeguata quanto inapplicata: la cosiddetta Legge Vassalli, n. 117 del 13 aprile 1988.

18 maggio 1988, ore 10.30 - Enzo Tortora muore nella sua casa di via dei Piatti 8 a Milano, per un cancro ai polmoni. Muore di malagiustizia.

Marco Pannella ne dà l’annuncio nell’aula della Camera dei deputati e, dopo aver ottenuto un minuto di silenzio, dichiara: «Tortora non va considerato come vittima, perché ha saputo non essere consenziente allo strazio di legalità e di diritto, perché non è stato tonto, non ha accettato il ruolo tragico di vittima, non ha consentito che la giustizia fosse vittima».

19 maggio 1988 - Almeno settemila persone si stringono nelle tre larghe navate della Basilica milanese di Sant’Ambrogio per assistere ai suoi funerali. L’orazione funebre viene pronunciata dal senatore radicale Gianfranco Spadaccia: «Caro Enzo, non sei stato l’interprete di una commedia all’italiana; sei stato il protagonista di una grande tragedia, di un autentico dramma. E sei stato all’altezza del ruolo. Lo devono oggi riconoscere anche coloro che con sufficienza, qualche volta con spocchia e disprezzo, ti indicavano come l’uomo di un sentimentalismo facile, e sottintendevano falso, solo perché sapevi parlare ai sentimenti della gente. E non sapevano, o volevano ignorare, che questa capacità di parlare alla gente, ai sentimenti della gente, ti derivava anche dalla tua cultura, dalle tue culture, da quell’enorme biblioteca che tanto amavi, che tanta forza ti ha dato nei momenti difficili. Hai avuto la capacità e il coraggio di fare del tuo caso personale un caso generale, un’occasione di riflessione collettiva e anche di battaglia civile e politica: politica nel senso più alto del termine.

Qualcuno ha scritto che sei morto senza una parola di perdono. Tu non hai mai pronunciato parole di vendetta ma soltanto di giustizia, e il perdono presuppone la giustizia. Ciao Enzo.

Finalmente ora puoi riposare in pace. Non ti hanno colpito nello spirito perché lo spirito è stato sempre, in ogni momento, indomito. E per questo sei stato colpito nella carne. Tocca a noi continuare».

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