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Giudice amministrativo: e giudice ordinario una convivenza molto complicata...

La domanda è centrale: come va la convivenza tra il giudice ordinario ( civile e penale) e un giudice speciale – quello amministrativo – che di fronte ai poteri pubblici diviene ordinario? Una convivenza con intorno a sé una serie di altri giudici di varia natura ( dalle neonate Corti di giustizia tributaria alla secolare Corte dei Conti).

Ci si confronta su questo a Bari, oggi, 29 settembre, e sabato 30, per merito della locale Camera amministrativa distrettuale degli avvocati. Un convegno - “Giurisdizione plurale: risorsa o problema?” - riunisce un po’ tutti: giudici della Corte di Cassazione ( tra cui la presidente Margherita Cassano), del Consiglio di Stato ( tra cui il presidente Luigi Maruotti), della Corte costituzionale ( la vicepresidente Daria De Pretis), esponenti del Governo ( il viceministro alla giustizia Francesco Paolo Sisto), rappresentanti dell’Avvocatura ( con il presidente del CNF Francesco Greco), nomi illustri dell’Accademia.

Sia chiaro, la questione non è nuova. Su giustizia ordinaria e amministrativa si fronteggiano da sempre – come guelfi e ghibellini - gli schieramenti di chi è per il dualismo e di chi per unificare le giurisdizioni. Ma il quadro è in continua trasformazione e quasi mai in equilibrio. È questo che si rende evidente, e che merita attenzione.

La prima difficoltà rimane quella di capire a che giudice rivolgersi. Dipende dalla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi. Che sta nella Costituzione, ma forse non esiste in natura. Uscendo dall’Università, pensi che non te l’abbiano spiegata bene e che nel lavoro tutto si chiarirà. Ma probabilmente la pensione ci troverà con la stessa confusione di idee. Le cose non si chiariscono, però cambiano. E il criterio di ripartizione più importante è intanto divenuto un altro: quello per materia, cioè la giurisdizione esclusiva. Criterio più semplice, ma resta la reciproca rivendicazione di spazi di potere giurisdizionale.

L’incertezza sul giudice cui rivolgersi è pesante, anche perché coinvolge un po’ tutto: le forme e i tempi della domanda ( in bilico tra decadenza e prescrizione), il tipo di processo, il ruolo e la responsabilità dell’avvocato. A parte poi il rischio di dimenticarsi di qualche giudice “di nicchia” che – se una causa gli passa accanto – può entrare inaspettatamente in gioco ( così, ad esempio, per i Tribunali delle acque pubbliche). Soprattutto, conta ciò che a un giudice puoi chiedere. Ed è cambiato ciò che può essere chiesto al giudice amministrativo. Rimane la regola di base: il giudice amministrativo annulla gli atti illegittimi, quello ordinario li disapplica. È l’allegato E del 1865, una delle leggi più longeve. Ma, per fortuna, non siamo più al 1865. Poter sindacare anche la discrezionalità, poter conformare l’attività dell’amministrazione, accogliere domande ulteriori rispetto all’annullamento: tutto ciò segna la linea di sviluppo della giustizia amministrativa.

La frontiera è ora la responsabilità risarcitoria delle amministrazioni. Diversa sia da quella contrattuale ( cioè al consueto rapporto tra creditore e debitore), sia da quella extracontrattuale ( non assomiglia a un incidente stradale). L’amministrazione, in realtà, risponde perché esiste. E, quando sbaglia, può farlo in vari modi. Può sbagliare anche dicendomi di sì quando non deve; e se poi perderò ciò che mi ha dato, sarà leso l’affidamento che riponevo sulla correttezza del suo operato. Ma questo mio affidamento è un diritto o un interesse legittimo? Sembra una questione oziosa; e invece è il confine tra le giurisdizioni ( e terreno di scontro).

Un mondo a sé è poi quello del giudice penale. In esso gli atti amministrativi spesso scompaiono. Per dire: in sede penale si può rispondere per interventi edilizi senza permesso di costruire anche quando il permesso c’è. Il che va bene se l’atto “scompare” perché ha un collegamento con l’illecito penale. Ma può il giudice penale ignorare ogni atto amministrativo che ritenga illegittimo?

Tra giudice ordinario e amministrativo, infine, il rapporto è spesso conflittuale. Quanto ampio è il sindacato della Cassazione sulle pronunce del Consiglio di Stato per motivi di giurisdizione? E che cos’è l’eccesso di potere giurisdizionale? Tutti profili di un confronto in atto. Al quale non sembra estraneo neppure il sindacato del giudice amministrativo sugli atti del CSM, quand’anche si tratti della nomina dei vertici della Cassazione.

In effetti, sono due magistrature differenti in ogni aspetto: accesso, carriere, uffici governativi competenti, disciplina delle attività extragiudiziarie, possibilità di incarichi; e naturalmente organi di autogoverno. Ma ciò che più interessa è la tutela che le due giurisdizioni possono offrire nei confronti dei poteri pubblici. E, in tale prospettiva, sono diversi anche i loro punti di debolezza: l’effettiva indipendenza della giustizia amministrativa; i tempi e la mancanza di preparazione specifica di quella ordinaria.

Dunque un auspicio: che le idee di riforma siano definite conoscendo aspetti concreti e problemi veri del sistema; e che poi passino dai tavoli di convegno a quelli di chi decide.

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